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La tecnologia 5G . Un esempio di scheda informativa
La tecnologia 5G, che rappresenta l’ultima generazione nello sviluppo dei sistemi per telecomunicazioni, è al centro di un intenso dibattito tra chi la ritiene un indispensabile strumento di innovazione e chi la considera una minaccia per la salute della popolazione.
Al fine di fornire una risposta ai tanti quesiti che vengono rivolti all’Agenzia da cittadini e amministrazioni comunali, si è ritenuto utile predisporre delle FAQ che possano coprire i diversi aspetti oggetto di attenzione e curiosità.
Si è voluto così fornire un quadro quanto più completo possibile, sulla base degli elementi attuali di conoscenza, sulle diverse problematiche connesse al tema del 5G: dalle diverse tipologie di applicazione, alle modalità di funzionamento dei sistemi radianti; dalle ipotesi di effetto sulla salute all’impatto attuale sull’esposizione della popolazione ed ai possibili sviluppi futuri.
(fonte ARPA Piemonte . 2021)
Trattandosi di una tecnologia non consolidata e ancora in evoluzione, tali FAQ potranno essere oggetto di revisioni e aggiornamenti
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5G - COS’È E COME FUNZIONA
IL 5G E L’ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI
IL 5G E LA SALUTE
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Esistono dati sul rischio e limiti di esposizione per tutte le bande di frequenza?
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È applicabile il principio di precauzione nello sviluppo delle reti 5G?
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L’avvento del 5G richiede un adeguamento della normativa nazionale?
LA DIFFUSIONE DEL 5G
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Che cos’è il 5G e a che cosa serve?
Il 5G è un sistema di telecomunicazioni che permette un flusso di informazioni più efficiente rispetto a quanto esistente sinora. Questa maggiore efficienza (maggiore velocità, minore tempo di latenza, possibilità di connettere moltissimi dispostivi, ecc.) è ottenuta grazie a particolari tipologie di antenne (smart antennas) e al modo di codificare le informazioni nel segnale elettromagnetico.
Grazie a queste sue caratteristiche, serve per permettere il collegamento di un grande numero di dispositivi (ad esempio nella domotica), comunicare molto velocemente in modo da poter garantire operazioni a distanza con tempi di reazione immediati (auto a guida autonoma, medicina a distanza, ecc.), scaricare grandi moli di dati.
2. Come funzionano le smart antennas del 5G?
Le antenne “intelligenti” (smart) dei ripetitori 5G hanno un funzionamento molto innovativo: a differenza di quelle esistenti sinora, non trasmettono più un segnale di copertura continuo sul territorio, ma attivano una sequenza di fasci che ruotano attorno all’antenna (un po’ come il fascio di un faro, ma i fasci vengono accesi per intervalli di tempo brevissimi, dell’ordine del millisecondo). Quando uno di questi fasci rileva la presenza di un utente che ha bisogno di comunicare con il ripetitore, l’antenna genera un fascio specifico puntato verso l’utente (o il gruppo di utenti) che ne ha bisogno, ed attivo solo per il tempo della comunicazione. Questi fasci sono molto direttivi, cioè irradiano il segnale elettromagnetico in una zona di spazio molto limitata intorno all’utente che richiede il servizio.
Video: nella prima parte del video è possibile visualizzare l’attivazione consecutiva dei fasci che ruotano intorno all’antenna per rilevare la presenza degli utenti (beamsweeping), nella seconda parte si vede che, quando degli utenti si connettono alla rete 5G, l’antenna dirige dei fasci dedicati solo su quegli utenti (beamforming)
[fonte: Arpa Lazio]
Ulteriori chiarimenti anche in questo video: 5G Superfacile Le antenne 5G
3. Com'è fatto il segnale 5G?
Il segnale 5G è caratterizzato dall’occupazione di una banda di frequenza molto larga (fino a 100MHz per i segnali che si stanno implementando ora), che permette di gestire molti utenti contemporaneamente ed un elevato flusso di dati. All’interno di questa banda, il segnale è costituito da un insieme di “elementi base” (un po’ come mattoncini), detti sottoportanti, che si possono attivare per un tempo molto breve (detto durata del simbolo). Questi mattoncini vengono attivati solo quando serve, e quindi la banda del segnale non è mai tutta occupata per tutto il tempo, ma è utilizzata in modo discontinuo, a seconda di come avviene il “dialogo” tra il terminale e il ripetitore (quanti dati scarico, che tipo di dati, ecc.).
4. È vero che le onde del 5G sono “nuove”, ovverosia che non sono mai state indagate dalla scienza? (È vero che il 5G usa frequenze mai usate? - È vero che il 5G userà frequenze “migliaia di volte” superiori a quelle usate finora?)
Non esattamente.
Il 5G si insedierà su 3 diverse bande di frequenza: la prima è quella delle frequenze che venivano già usate dalle TV (700 MHz); la seconda è adiacente a quella degli attuali impianti di trasmissione dati wi-max ed LTE (3.7 GHz). Soltanto la terza (27 GHz) è stata meno utilizzata in passato, principalmente per servizi (come i radar) che non prevedevano esposizione della popolazione, ma da qualche anno hanno iniziato ad usarla anche alcuni gestori che offrono servizi dati, per distribuire internet nei paesi non serviti da fibra - WLL.
Sembra comunque che la banda a 27GHz (le cosiddette “onde millimetriche”) per il momento sarà sottoutilizzata. Infatti, nella gara del 2012 per l’assegnazione delle frequenze, le compagnie telefoniche hanno pagato tantissimo (oltre 6 miliardi di euro complessivamente) per assicurarsi i diritti sulle prime due bande, riservando invece pochissime risorse (poco più di 163.000 euro) per quella a 27GHz.
Per quanto riguarda invece gli effetti sulla salute delle onde di frequenza elevata (in particolare le onde millimetriche), bisogna evidenziare che l’aumento di frequenza non è direttamente collegato ad un aumento dei possibili effetti sulla salute.
Infatti, all’aumentare della frequenza cambiano i meccanismi di interazione con i tessuti, ma questa variazione non è necessariamente associata ad un effetto più dannoso: basti pensare ad esempio che il calore irradiato da un oggetto caldo è un’onda elettromagnetica con frequenza migliaia di volte superiore a quelle del 5G, e la luce visibile ha frequenze un milione di volte superiori.
5. Cosa succede per quanto riguarda l’esposizione ai campi elettromagnetici? Rispetto ai segnali delle generazioni precedenti, cosa cambia in termini di impatto elettromagnetico per il 5G?
Per quanto riguarda l’uso del 5G per i terminali mobili (collegamento per lo scambio di dati), che è ad oggi il servizio che si sta maggiormente sviluppando, la variazione dei livelli di esposizione dei singoli utenti dipenderà sostanzialmente dall’utilizzo di tale servizio. Infatti, date le caratteristiche delle antenne, che producono fasci di radiazione puntati in modo tale da garantire il servizio all’utente nel momento in cui ne fa richiesta, la popolazione sarà esposta a campi elettromagnetici solo nei brevi intervalli di tempo in cui si trova nella direzione di uno di questi fasci e sta avvenendo uno scarico dati. Questa è una delle grandi differenze rispetto a quanto avveniva per le generazioni precedenti di segnali, per i quali invece si aveva un’esposizione più continua su aree abbastanza ampie.
Quello che emerge dalle misure è che i livelli effettivamente rilevabili sono ad oggi molto bassi, e questo è dovuto ad una serie di fattori:
- i pochi utenti ad oggi presenti attivano pochissimi fasci di radiazione dall’antenna, ed in assenza di terminali il campo elettromagnetico irradiato è prossimo a zero;
- se il terminale che aggancia il fascio di radiazione si trova a pochi metri da una persona, questa riceve una radiazione trascurabile (perché il fascio è estremamente direttivo);
- il sistema di gestione del segnale è così efficiente che, anche se in una certa area sono presenti più smartphone, e tutti quanti scaricano un video ad alta definizione (quindi con un trasferimento dati consistente), la potenza irradiata verso quei terminali è solo una piccola percentuale della potenza massima.
Sintetizzando, si può dire che, per quanto riguarda l’utilizzo con terminali mobili, l’esposizione della popolazione nel suo complesso presumibilmente non aumenterà in modo significativo rispetto a quella dovuta ai precedenti sistemi.
Per quanto riguarda invece i sistemi di connessione tra oggetti (IoT), essi sono ad oggi in una fase molto iniziale di sviluppo, e pertanto non sono ancora disponibili dati di progettazione delle reti su cui fare valutazioni di esposizione. In ogni caso non sarà possibile il superamento dell’attuale valore di attenzione di 6 V/m in quanto tali valutazioni verranno certamente effettuate preventivamente all’installazione di queste reti, verificando anche per esse il rispetto di tutti i limiti di legge.
6. Qual è il ruolo degli enti di controllo nel tutelare la popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici generati dal 5G?
Gli enti coinvolti nella tutela della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici sono diversi, e si occupano di vari temi: la stesura delle norme ed indicazioni operative, le procedure autorizzative all’installazione di nuovi impianti o alla modifica degli impianti esistenti, il controllo e il monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico.
In particolare per il tema del 5G, sono state portate avanti una serie di iniziative, sia a livello di Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (SNPA), sia come Regione Piemonte, finalizzate a permettere un controllo efficace da parte di Arpa sulle installazioni di nuovi impianti . Date infatti le specificità di questo sistema per telecomunicazioni, è particolarmente importante definire criteri e metodi per il controllo delle emissioni in fase autorizzativa.
A livello nazionale, è stato approvato dal consiglio SNPA un documento di indirizzi tecnici che contiene indicazioni circa la documentazione che i gestori devono fornire in sede di richiesta di autorizzazione, le modalità per la valutazione ed il controllo della potenza irradiata dalle antenne, il confronto con i limiti e con i valori di attenzione per i sistemi 5G. Tale documento costituisce un indirizzo condiviso per il rilascio, da parte delle Arpa, dei pareri preventivi all’installazione degli impianti 5G. I pareri così espressi, garantendo il rispetto dei limiti, valori di attenzione ed obiettivi di qualità nell’intorno degli impianti, fanno parte della procedura autorizzativa vera e propria, a carico dei Comuni.
La Regione Piemonte si è poi espressa con specifiche indicazioni per la gestione delle comunicazioni di impianti temporanei 5G, in relazione a quanto previsto dalla legge regionale 19/2004 per impianti utilizzati esclusivamente per ragioni di soccorso e di protezione civile, per prove tecniche o per esigenze di servizio non prevedibili (eventi, fiere, ecc.). Tali indicazioni tengono conto delle specificità delle antenne 5G per garantire che gli impianti temporanei, per i quali è previsto un percorso agevolato per l’installazione, siano impianti a bassissimo impatto in termini di emissioni elettromagnetiche.
Arpa inoltre si occupa dei controlli sugli impianti già installati in due modi: effettuando misurazioni presso i recettori intorno agli impianti (abitazioni, scuole, parchi gioco, ecc.) e controllando l’andamento nel tempo della potenza irradiata (al fine di verificare che rispetti sempre il valore autorizzato).
Quest’ultimo controllo è possibile in quanto per legge i gestori degli impianti devono garantire l’accesso alle registrazioni delle potenze degli impianti per i quali richiedono in fase autorizzativa l’applicazione di un fattore per il calcolo della media su 24 ore dell’esposizione. Arpa Piemonte ad oggi controlla in questo modo oltre 1000 impianti con cadenza mensile.
7. È vero che Arpa e gli enti di controllo non sanno (ancora) come misurare il 5G?
Non è vero che gli enti di controllo non sappiano come effettuare le misure, ma è invece vero che non sono ancora disponibili guide tecniche specifiche sui metodi di misura, che definiscano un metodo condiviso anche a livello internazionale.
Ciononostante, le Arpa si sono organizzate nel tempo per garantire di poter effettuare le misurazioni, ad esempio dotandosi di strumentazione in grado di misurare in tutti gli intervalli di frequenza del 5G, partecipando ad interconfronti per validare i propri metodi di misura, istituendo gruppi di lavoro per fare verifiche sulla risposta della strumentazione.
Arpa Piemonte, inoltre, ha dei suoi rappresentanti nel comitato CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), che in Italia definisce le guide tecniche per le misure, e sta contribuendo (con revisioni e commenti) ai lavori per la stesura di una guida internazionale (la IEC 62232).
Si tratta certamente di un lavoro in continua evoluzione, ma Arpa già ad oggi è in grado di misurare i livelli di esposizione al 5G in un certo punto e ad un dato momento, ed anche di ricavare da queste misure una stima del massimo livello di esposizione possibile in quel punto.
8. Come vengono date le autorizzazioni per i nuovi tralicci? L'Arpa è in grado di valutare preventivamente l'impatto elettromagnetico dei segnali 5G?
Arpa Piemonte sta tenendo sotto controllo la situazione dell’esposizione della popolazione ai nuovi sistemi, sia effettuando le valutazioni preventive all’installazione dei nuovi impianti 5G (per il rilascio dei pareri nell’ambito dei procedimenti autorizzativi), sia effettuando misure sugli impianti già attivati.
Le autorizzazioni vengono date in modo analogo a quelle per i sistemi 2G, 3G e 4G, con un approccio molto cautelativo verso la popolazione. Infatti, le valutazioni preventive vengono effettuate da Arpa, sulla base dei dati di progetto che i gestori sono tenuti per legge a fornire e tenendo in considerazione i peggiori scenari possibili rispetto ad attivazione dei fasci e distribuzione degli utenti.
Le valutazioni preventive forniscono quindi i livelli di esposizione massimi possibili per queste tipologie di impianti. In fase preventiva, viene verificato che tali livelli massimi rispettino i limiti, valori di attenzione e obiettivi di qualità fissati dal DPCM 08/07/2003, in tutte le aree accessibili e negli edifici intorno alla nuova installazione, tenendo conto anche dei contributi di tutti gli impianti già esistenti nell’area.
9. È vero che il 5G fa male? Possiamo garantire che queste onde non siano pericolose? I recenti (2018) risultati dell’NTP americano e del Ramazzini italiano hanno mostrato allarmanti conclusioni. È vero?
Nessuno può garantire che una cosa NON sia pericolosa, dipende dal suo utilizzo. Non si può quindi garantire che le onde elettromagnetiche RF non possano diventare pericolose in alcune circostanze.
Tuttavia, abbiamo strumenti che sono sensibilissimi alla loro presenza e il costante controllo e monitoraggio consente di assicurare che non si raggiungano situazioni di criticità.
Per quanto riguarda invece le esposizioni prolungate a bassi livelli di campo elettromagnetico, sono stati effettuati, nei decenni passati, più di 30000 studi in materia di effetti dei campi elettromagnetici sull’uomo. Tali studi sono stati presi in considerazione dagli enti e organizzazioni competenti sugli effetti e la tutela della salute umana quali l’Organizzazione Mondiale delle Sanità (OMS) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), giungendo alle considerazioni di seguito sintetizzate.
L’OMS tramite la sua agenzia per la ricerca sul cancro, IARC (International Agency for Research on Cancer), ha classificato l’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenze come “possibilmente cancerogena” (classe 2B). Tale classificazione esprime la presenza di limitate evidenze emerse in alcuni studi epidemiologici ma l’assenza di prove scientifiche sufficienti a stabilire un rapporto di causa effetto tra l’esposizione e il cancro. La classificazione IARC individua anche gli agenti sicuramente cancerogeni (classe 1) e quelli probabilmente cancerogeni (classe 2A). In particolare, l’inserimento nella classe 2B dei campi elettromagnetici a radiofrequenza è stato determinato da studi epidemiologici che hanno individuato la possibile correlazione tra l’esposizione a telefoni cellulari a patologie cerebrali, quali gliomi e neurinomi acustici.
Ulteriori elementi di valutazione sul tema degli effetti dovuti all’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenze possono essere trovati nel recente rapporto pubblicato dall’ISS “Radiazioni a radiofrequenze e tumori” (Rapporto Istisan 19/11), alla cui stesura Arpa Piemonte ha collaborato per la redazione dei capitoli introduttivi sulle informazioni di base e le caratteristiche dell’esposizione.
In relazione ad alcuni elementi del dibattito sulle novità introdotte dalla tecnologia 5G si possono fare le seguenti considerazioni:
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gli impianti alle frequenze di 3.7 GHz, che vengono prevalentemente installati in questa prima fase di implementazione della tecnologia 5G, e gli impianti a frequenze di circa 700 MHz che verranno installati a partire dal 2022, emettono segnali che presentano frequenze analoghe a quelle già utilizzate da diversi anni nel settore delle telecomunicazioni. Tali impianti non rappresentano, quindi, una novità dal punto di vista della tipologia di segnale a cui siamo esposti. Diverso è il discorso degli impianti nella banda 27 GHz che sono frequenze a cui la popolazione non è stata esposta storicamente (pur essendo tali frequenze già state utilizzate, la tipologia di applicazioni non comportava esposizioni significative).
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a sostegno dell’ipotesi di nocività delle esposizioni a segnali 5G vengono spesso citati due recenti studi, pubblicati nel 2018 dall’US National Toxicology Programme (NTP) e dall’Istituto Ramazzini di Bologna, riguardanti alcune evidenze di carcinogenesi in ratti da laboratorio esposti a radiofrequenze. Questi studi, in realtà, non sono stati condotti con segnali 5G ma con segnali a radiofrequenza tipici della tecnologia GSM (2G). L’intensità dei segnali utilizzati, inoltre, è di gran lunga superiore ai limiti previsti in Italia e, quindi, a quella che si può riscontrare in comuni condizioni ambientali. L’indagine dell’Istituto Ramazzini, che tra i due studi è quello che considera i livelli più bassi di esposizione, evidenzia la presenza di effetti a segnali di intensità pari a 50 V/m (con una esposizione continua per tutta la durata della gestazione e della vita dei roditori), mentre non vengono rilevati effetti a segnali di intensità più bassa. Si rileva che il valore di 50 V/m è molto più elevato di quello che è ammesso dalla normativa italiana (6 V/m in aree residenziali) e ancora maggiore di quello che si può comunemente riscontrare in un ambiente urbano densamente popolato (variabile tra 0.2 V/m e 2-3 V/m).
In definitiva, si può dire che al momento non ci sono indicazioni su una maggiore nocività delle emissioni da impianti 5G rispetto a quelle provenienti da impianti per telecomunicazione già da tempo installati sul territorio.
Per ulteriori informazioni:
https://www.youtube.com/watch?v=qTtHlT7zPt0&feature=youtu.be e https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/electromagnetic-fields-and-5g
10. Cosa dire della recente sentenza della Corte di Appello di Torino, che ha detto che le onde E.M provocano il cancro?
La sentenza ha messo in relazione un caso di neurinoma acustico, occorso ad un dipendente di un gestore telefonico, con l’utilizzo giornaliero prolungato (4-5 h/giorno) del telefonino per anni, basandosi anche sulle conclusioni già riportate dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nella Monografia n°102 del 2013 , dove i campi elettrici a radiofrequenza erano stati classificati nel gruppo 2B “possibili cancerogeni” («Esiste una limitata evidenza negli esseri umani di cancerogenicità della radiazione a radiofrequenza. Un’associazione positiva è infatti stata osservata tra l’esposizione alla radiazione a radiofrequenza generata da telefoni wireless e glioma e neurinoma del nervo acustico»).
Il riferimento per stabilire la nocività di un agente, quali i campi elettromagnetici, va pertanto sempre cercato nella letteratura scientifica: una sentenza giuridica, come quella in oggetto, contestualizza i risultati della ricerca scientifica, in questo caso nella realtà lavorativa, codificandone le ricadute pratiche.
È necessario qui fare poi un’ultima ma importante precisazione: la presunta (gruppo 2B) pericolosità dei campi elettrici RF deriva non tanto dall’esposizione causata dalle antenne (tralicci), ma da quella dei dispositivi portatili (telefoni): si tratta infatti di due esposizioni molto differenti, che sono trattate epidemiologicamente con metodi differenti e che portano a risultati differenti.
Questo fatto deve essere quindi preso in considerazione nell’utilizzare i telefonini in modo consapevole (vedere a questo proposito le attività e documentazioni Arpa: www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/educazione-ambientale/coe/cellulari-e-campi-elettromagnetici e www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/educazione-ambientale/patentino-smartphone/decalogo-uso-dello-smartphone/view).
Bisogna inoltre tenere presente che la stessa evoluzione tecnologica consente la riduzione dell’esposizione causata dai telefonini, e ciò è in atto già da alcuni anni: infatti, a parità di condizioni al contorno un moderno telefono 4G irradia molto meno (fino a 20 volte meno) di un 2G. E il trend di diminuzione si conferma ad ogni salto di tecnologia (per approfondimenti, vedere www.arpa.piemonte.it/arpa-comunica/file-notizie/2014/relazione-telefonini-24-maggio-2014damore.pdf).
11. Esistono dati sul rischio e limiti di esposizione per tutte le bande di frequenza?
Esistono studi sugli effetti sulla salute nella quasi totalità degli intervalli di frequenza per i quali esistono sorgenti che emettano tali campi elettromagnetici, comprese le bande di frequenza che recentemente sono state assegnate al 5G (perché vi erano già altre sorgenti che le sfruttavano).
A livello europeo, i limiti vengono fissati prendendo in considerazione questi studi e, laddove essi siano più carenti di informazioni in alcune bande di frequenza, usando dei criteri di maggiore cautela per la tutela della salute, arrivando a definire limiti per qualsiasi valore di frequenza tra 100kHz e 300 GHz.
12. Esistono dei limiti più bassi per scuole ed ospedali?
No.
Le scuole e gli ospedali rientrano nei luoghi a possibile permanenza prolungata della popolazione per i quali vale già il limite più basso della normativa italiana, il “valore di attenzione” di 6 V/m (limite per il campo elettrico mediato su 24 ore).
Sono comunque sempre possibili e doverose soluzioni ed accorgimenti per limitare l’esposizione, soprattutto per quei recettori più “sensibili”. In particolare, la LR 19/2004 prevede la possibilità, per i Comuni, di emanare un regolamento sulla localizzazione degli impianti per telecomunicazioni, identificando le aree sensibili e quindi condizionando l’installazione degli impianti al rispetto di specifici requisiti, o vietandone l’installazione su singoli edifici.
13. È applicabile il principio di precauzione nello sviluppo delle reti 5G?
Il principio di precauzione costituisce una raccomandazione a prendere in considerazione azioni per la riduzione di un possibile danno, anche quando non è certo che questo avvenga.
Si tratta di un concetto apparentemente semplice, ma dalle implicazioni piuttosto complesse, sia nella definizione del concetto di possibile danno, sia in quella del livello di incertezza associato alle conoscenze scientifiche, sia nella definizione delle possibili azioni da intraprendere. Un esempio di azione che può essere intrapresa in ottemperanza al principio di precauzione è l’applicazione di limiti più restrittivi rispetto alle soglie per cui sono noti effetti certi sulla salute (proprio al fine di tenere conto dell’incertezza associata alla valutazione di questi effetti): questo è l’approccio seguito ad esempio nella stesura del DPCM 08/07/2003 per l’esposizione a campi elettromagnetici, fissando il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità.
In generale, per la questione dei campi elettromagnetici l’applicabilità del principio di precauzione è stata molto dibattuta, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha concluso che le iniziative di tutela della salute promosse dagli organismi preposti (ad esempio, la fissazione dei limiti fatta applicando ampi fattori di riduzione alle soglie oltre le quali sono riscontrabili effetti accertati sull’organismo umano), costituiscono una adeguata gestione del rischio. Non ha comunque escluso la possibile applicazione di ulteriori politiche di tutela, ispirate però non al principio di precauzione tout-court, ma ad una sua specificazione detta “principio di Prudent Avoidance”.
Il principio della “prudent avoidance” prescrive l’adozione di misure a basso costo per ridurre l’esposizione, in assenza di una qualunque previsione scientificamente giustificabile che tali provvedimenti riducano il rischio. Questi provvedimenti sono generalmente sotto forma di raccomandazioni volontarie, e non di limiti o regole stringenti.
Per quanto riguarda lo sviluppo delle nuove reti 5G e la possibile esposizione della popolazione, vanno certamente in questa direzione iniziative quali l’emanazione dei regolamenti comunali sull’installazione dei nuovi impianti, o le iniziative di informazione del pubblico sul corretto utilizzo dei terminali mobili al fine di ridurre l’esposizione personale (che nel caso del 5G è tanto più rilevante, dato che le antenne radiobase generano fasci di radiazione soltanto verso gli utenti che utilizzano terminali).
14. L’avvento del 5G richiede un adeguamento della normativa nazionale?
Tra le problematiche poste dall’avvento della tecnologia 5G vi è anche quella dell’adeguamento normativo. La normativa italiana risulta più cautelativa rispetto a quella di altri paesi europei anche se consideriamo che il valore di attenzione di 6 V/m va valutato come media sulle 24 ore e non come media su 6 minuti (tempo su cui viene mediato il valore limite). Infatti, il valore di esposizione mediato su 6 minuti deve comunque essere inferiore ai limiti fissati dalla normativa nazionale (20 V/m o 40 V/m in base alla frequenza), e inoltre sulla base delle numerose campagne di monitoraggio è stato possibile verificare che i valori mediati su 6 minuti non hanno mai superato livelli dell’ordine della metà dei limiti.
Questa normativa rimane quindi cautelativa rispetto alle altre norme europee. Essa non prende però in considerazione i valori di picco possibili nel caso di esposizioni per brevi periodi (inferiori a 6 minuti) a segnali a radiofrequenza.
La limitazione di picchi di esposizione che si possono verificare in brevi periodi temporali, presa in considerazione nell’ultima revisione delle linee guida ICNIRP (pubblicate nel marzo 2020), risulta particolarmente importante per i segnali 5G che sono rapidamente variabili e, pur in presenza di livelli medi molto bassi, potrebbero dare luogo ad esposizioni di picco significative.
Arpa Piemonte sta a tal proposito effettuando alcune verifiche per valutare a quale distanza dagli impianti di nuova installazione vengono rispettati anche i limiti fissati dalle linee guida ICNIRP per esposizioni localizzate di durata inferiore ai 6 minuti.
Concludendo, a livello europeo l’aggiornamento delle linee guida ICNIRP ha tenuto in conto tutte le nuove specificità della tecnologia 5G (https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/electromagnetic-fields-and-5g) e a livello italiano la normativa per la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici rimane molto più cautelativa dello standard europeo.
15. Come si sta sviluppando la rete 5G in Piemonte?
Attualmente in Piemonte si sta sviluppando prevalentemente la rete 5G dedicata ai terminali mobili (quindi all’uso da parte degli smartphone), che lavora sulla banda di frequenza intorno a 3.7GHz. Questa banda è sostanzialmente la stessa che già veniva utilizzata per alcuni segnali 4G.
A dicembre 2020, Arpa ha rilasciato 550 pareri su impianti di questo tipo, distribuiti prevalentemente nei capoluoghi di provincia, come si può vedere dalla mappa del Geoportale (https://webgis.arpa.piemonte.it/secure_apps/portale_cem/), selezionando i temi “Sorgenti” oppure “mappa completa” ed attivando il tema “Impianti Telefonia - 5G”).
Per quanto riguarda le bande di frequenza più elevate (27GHz), dedicate prevalentemente all’IoT (Internet delle cose), vi sono state alcune sperimentazioni ed un numero ad oggi estremamente limitato di richieste di autorizzazione (una quindicina su tutta la regione).
Si segnala infine che, a partire dal 1° luglio 2022, verrà liberata parte della banda a 700 MHz ad oggi utilizzata per le tv, e questa verrà dedicata a servizi 5G che dovranno garantire la copertura anche delle aree in cosiddetto “digital divide”, cioé 120 piccoli comuni in tutta Italia, al momento più svantaggiati per la garanzia di servizi a cittadini ed amministrazioni.
16. Tutte le SRB installate di recente hanno sistemi 5G?
No, attualmente gli impianti di telefonia nella regione Piemonte sono circa 8000 e di questi meno del 7% è fornito anche del sistema 5G a 3.7GHz con “antenne intelligenti”. La provincia maggiormente interessata da queste installazioni è la provincia di Torino, con circa il 75% delle richieste di parere tecnico per impianti 5G ad Arpa.
Oltre a questi impianti, diversi gestori di telefonia hanno iniziato a fornire un servizio etichettato come “5G” anche utilizzando le classiche antenne 4G già installate, di fatto utilizzando una parte della potenza irradiata da queste antenne per trasmettere un segnale con codifica 5G (togliendo potenza al 4G). In questo caso, non vengono quindi utilizzate antenne attive con puntamento dei fasci, e le frequenze sono quelle del segnale 4G di appoggio (ad esempio 1800MHz o 2600MHz).
A dicembre 2020, questo sistema è in via di attivazione su circa 150 impianti sulla regione.
L’aggiornamento quotidiano degli impianti 5G nella banda a 3.7GHz, per i quali Arpa rilascia un parere tecnico in fase autorizzativa, è disponibile sul Geoportale di Arpa alla pagina https://webgis.arpa.piemonte.it/secure_apps/portale_cem/, selezionando i temi “Sorgenti” oppure “mappa completa” ed attivando il tema “Impianti Telefonia - 5G”.
17. Aumenterà il numero di antenne/tralicci?
La risposta a questa domanda dipende dal tipo di servizio e dalla banda di frequenza.
Per i servizi sui terminali mobili (smartphone), nella banda di frequenza 3.7GHz, il numero di tralicci non aumenterà significativamente. Questo perché le capacità di copertura del territorio di queste antenne sono analoghe a quelle delle antenne dei precedenti sistemi, e quindi sarà analogo anche il numero di punti sul territorio nei quali è necessario installare i nuovi sistemi (che vengono spesso integrati sui tralicci già esistenti).
Per i servizi IoT, in particolare nella banda di frequenza 26.5GHz, la copertura dovrà essere garantita installando un maggior numero di “microcelle” a bassa potenza: il numero di antenne aumenterà, ma le emissioni di ciascuna antenna saranno decisamente più contenute rispetto agli impianti sopra citati.
Il maggior numero di impianti è infatti proprio dovuto alla loro minore capacità di coprire grandi aree del territorio (ciascuna antenna avrà un’emissione estremamente localizzata nelle sue vicinanze).
18. Per poter installare le antenne 5G, è necessario abbattere gli alberi?
No.
La domanda scaturisce dal fatto che le radiazioni nella banda delle onde millimetriche (banda 26.5 GHz del 5G) sono facilmente schermate dai materiali comuni, ed anche dalle foglie degli alberi. Ciononostante, non sarà necessario eliminare gli ostacoli tra antenna trasmittente e dispositivo ricevente, perché il 5G funziona molto bene proprio quando il segnale sfrutta gli ostacoli per arrivare nel punto di interesse dopo una serie di riflessioni contro gli ostacoli stessi.
Per approfondimenti: https://www.youtube.com/watch?v=pE_FsnHtTxc
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